Luca Lombardo, Weronika Wierusz, Dominique Toscano, Roberto Lapenta, Andrea Kaplan and Giuseppe Siciliani.
In questo studio si indaga la resistenza frizionale esercitata da diversi brackets linguali e vestibolari sia convenzionali che self ligating. I fattori valutati e confrontati sono stati: l’ampiezza bracket/base, la misura dello slot, la distanza interbracket, e gli angoli di contatto critico di primo e di secondo ordine.
18 modelli in gesso (9 superiori e 9 inferiori) sono stati replicati a partire dalle impronte del cavo orale di un paziente non trattato. Sono stati considerati i settori anteriori di ogni modello e su canini e incisivi laterali e centrali sono stati montati sia brackets linguali che vestibolari. Tutti gli attacchi sono stati misurati con un calibro elettronico e con una punta di precisione per calcolare l’ampiezza mesiodistale, l’altezza dello slot e la distanza tra due brackets adiacenti. Il bonding è stato effettuato in una posizione clinicamente appropriata e su ciascuno dei 54 attacchi sono stati eseguiti dei test di frizione meccanica usando una macchina universale di test. E’ stata misurata la massima forza necessaria a spostare gli archi in NiTi di due diametri diversi (0.012 e 0.014) usando negli attacchi convenzionali sia le legature elastiche che metalliche. Gli archi sono stati tirati in direzione distale per simulare lo stadio iniziale di allineamento e livellamento durante i quali devono scivolare attraverso i brackets. La resistenza di ogni combinazione bracket/arco è stata testata in ambiente secco su ognuno dei tre denti e ogni misura è stata ripetuta tre volte.
Secondo i risultati, dei tre tipi di attacchi vestibolari quelli che hanno generato una frizione maggiore sono stati: quelli in ceramica (G&H) e quelli posizionati nell’arcata inferiore ad eccezione degli attacchi superiori Mini-Mono (Forestadent) in cui la differenza con gli inferiori era impercettibile. Il divario nei valori tra le due arcate è stato spiegato dagli autori con la ridotta distanza interbracket dell’arcata inferiore che si traduce con un aumento della rotazione e del torque.
A proposito degli attacchi linguali è stato visto invece che i self ligating In-Ovation L sviluppavano valori più alti rispetto ai convenzionali con valori di gran lunga inferiori negli STb.
Gli autori hanno rilevato inoltre che per quanto riguarda la misura dell’arco, questa influenzava la frizione con valori più bassi al ridursi del diametro del filo (lo 0.012 NiTi produceva minor frizione rispetto allo 0.014 NiTi) e che, indipendentemente dal tipo di sistematica linguale o vestibolare, le legature elastiche hanno generato una frizione maggiore rispetto alle loro controparti metalliche.
Ma il tipo di bracket ha un effetto statisticamente significativo sulla frizione?Secondo gli autori mantenendo le altre variabili costanti (arco e legatura) la scelta del bracket è cruciale per il successo del trattamento in termini di controllo dell’ancoraggio per via della grande discrepanza nella lunghezza di arcata in ortodonzia linguale ed è stato visto che la frizione aumenta all’aumentare dell’ampiezza dell’attacco.
I risultati di questo studio hanno delle implicazioni importanti sulle meccaniche di scivolamento, tuttavia gli autori ne ammettono i limiti legati al fatto che le misurazioni sono state effettuate in vitro e non in vivo. Anche se non è stato possibile individuare il fattore che influiva di più sulla frizione gli autori hanno rilevato una tendenza significativa in entrambi i gruppi di attacchi linguali (arcata superiore e inferiore) nell’aumento delle forze frizionali con un decremento dei valori di distanza interbracket direttamente correlato con l’ampiezza dei brackets. E’ stato anche notato che gli attacchi self ligating potrebbero non ridurre la frizione in tecnica linguale ma ulteriori studi sono necessari per migliorare le future generazioni di brackets linguali.
Report a cura della Dott.ssa Laura Bonaccorso,
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